La poesia come cura dell’anima
«Cosa vuol dire essere pazzo, essere malato? Non lo so. Credo sia impossibile saperlo. (…) Credo che ci si ammali per intelligenza, per un’intelligenza troppo esatta, troppo improvvisa, acclimatata». Scrive così Christian Bobin in “L’uomo del disastro”, cercando di dare voce e risposta alla “follia” di Antonin Artaud. I due si incontrano su una soglia tanto precisa quanto sottile: la soglia dell’umano, dell’esperienza muta di essere uomini. Bobin a voce bassa e con delicatezza sussurra ad Artaud: “Non sei pazzo, poiché ti ascolto”. Due uomini e un confine, un confine segnato dalla parola, dalla parola poetica.
Il ciclo di incontri de «La follia del poeta» che intendiamo proporre ai nostri Ospiti vuole essere un modo concreto e in azione di collocarsi su questa soglia, di abitarla, in un’alternanza di voci, sussurri e ascolto.
La parola poesia deve la sua etimologia al verbo greco ποιέω: produrre, fare, creare e questi vogliono essere gli obiettivi di tali incontri: creare una comunità poetica folle, polifonica, articolata, in cui si mescolino le voci esterne dei poeti con le voci interne della comunità di Artemide. Crediamo fortemente nella potenza “magica” del verso poetico, nella sua capacità di generare scosse che aprano a una nuova visione delle cose, al di là di ciò che è più comunemente ritenuto razionale e quindi passabile come “normale”.
La poesia è al di là del bene e del male per dirla con Nietzsche, non è giudicante, ma accogliente, si fa casa per coloro che vogliono soggiornare in essa, stare lì, con lei, sospesi, indifesi, vulnerabili, sofferenti, disperati, ammalati, per essere nutriti, cullati e rigenerati. Pensiamo che questi incontri possano essere un vero pasto per i nostri Ospiti, una sorta di banchetto al quale potranno cibarsi e offrire a loro volta molteplici doni in un movimento continuo di benefici (dal latino beneficium, composto da bene, bene e dal tema di fàcere, fare).
La «Follia del poeta» non nasce con l’intenzione di ospitare esclusivamente poeti. L’idea è di dare spazio alla scrittura tout court. Ospiti del progetto saranno tutti quegli autori che avranno voglia di incontrare e conoscere i nostri Ospiti, che pensano che in ogni uomo vi sia qualcosa di “sacro”, come direbbe Simone Weil.
Al fine di sensibilizzare e coinvolgere chi intende avvicinarsi alle tematiche dell’inclusione sociale e del disagio mentale è possibile prenotarsi per all’incontro muniti di green-pass e DPI chiamando in struttura (0833.908506): l’evento è aperto a 3 persone.
Gli appuntamenti con i poeti e gli scrittori
Nel 2007 è tra i fondatori della compagnia Principio Attivo teatro dirigendo come regista “Storia di un uomo e della sua ombra” (finalista scenario e premio Eolo 2009), “La bicicletta Rossa” (premio Eolo 2013) e “Opera Nazionale Combattenti” (finalista in-box 2016). Nel 2015 realizza lo spettacolo “Digiunando davanti al mare” ispirato alla figura di Danilo Dolci.
È autore di diversi libri di poesie tra cui, “Cantica del Lupo”, “Due parole in croce”, “A cosa serve la poesia” da cui è tratto lo spettacolo con Gianluigi Gherzi.
“I versi di Giuseppe Semeraro – scrive Marica De Pascali – sono contraddistinti da una forza ogni volta sorprendente. Semeraro parla con grande sincerità ai suoi lettori, racconta la quotidianità, le cadute, gli inciampi, la speranza, l’amore, si rivolge alla vita e la fa entrare nel ritmo delle sue poesie. È un poeta autentico, militante, ascoltare le sue parole è un’esperienza di contrasti: la sua poesia è ferita e cura, tenerezza e graffio, morte e resurrezione. La parola con Semeraro si fa agita, viva. Vittorio Alfieri nel trattato “Del principe e delle lettere” (1178-1786) afferma che la scrittura per il vero poeta è l’elemento sostitutivo della spada e l’esperienza del taglio è sicuramente garantita da Giuseppe Semeraro”.
Coriano ha pubblicato dieci raccolte di poesie: A tre deserti dall’ombra dell’ultimo sorriso meccanico (Conte Editore), Le pianure del silenzio (Conte Editore), Dolorosa Impotenza. Il Mestiere delle Parole (I Quaderni del Bardo), Scritture Randagie (Luca Pensa Editore), H Letture Pubbliche (poesie 1996-2001) (I libri di Icaro), Il lamento dell’insonne (Lupo editore), Für Ewig 3 (Lupo Editore), A nuda voce. Canto per le tabacchine (Musicaos Editore), La solitudine del giostraio (ebook), Pane lavoro e sangue (Musicaos Editore).
Nel 2004 fonda assieme a Stella Grande e Francesco Saverio Dodaro il gruppo di musica popolare “Stella Grande e Anime Bianche” di cui è curatore dei testi e direttore artistico. Inoltre ha curato e messo in scena una sua orazione su Gramsci, intitolata Für Ewig, accompagnato dal pianista Vito Aluisi.
I testi di “A nuda voce. Canto per le tabacchine” fanno parte di uno spettacolo teatrale e musicale realizzato da Elio Coriano, con Stella Grande e Vito Aluisi, rappresentato ancora oggi in tutta Italia, dall’ottobre del 2014. Il 29 settembre 2015 “A nuda voce. Canto per le tabacchine” è stato ospitato presso La Biblioteca della Camera dei Deputati.
Elio Coriano ha ricevuto diversi premi letterari e riconoscimenti per le sue poesie.
Fabiano, che per circa vent’anni è stato direttore del Centro di Salute Mentale di Anzio in provincia di Roma, professore di Metodologia clinica II (Università “G. Marconi” di Roma), Psicologia Generale e Psicologia Clinica (Università “Sapienza” e Tor Vergata), racconterà agli Ospiti della struttura i personaggi, gli aneddoti, le curiosità e le interviste di Camilleri, maestro della narrativa psicologica.
Nel caso di Camilleri «ci troviamo di fronte a un apparente paradosso: la sua eredità ha iniziato a lasciare un segno importante nella letteratura e più in generale nella cultura di questo nostra Italia (e non solo) quando lui era ancora in vita.
L’originalità della sua “lingua” espressiva, la caratterizzazione dei personaggi, l’essere sempre collegato con la realtà contemporanea, anche quando scriveva i suoi romanzi cosiddetti storici e sociali, lo hanno reso e lo renderanno un autore “unico”, originale ma allo stesso tempo concreto, senza orpelli e fronzoli, diretto, sincero, libero», spiega il professor Fabiano al Corriere della Sera.
Camilleri è stato un rivoluzionario del quale anche i giovani dovrebbero cogliere il fascino, oltre che tramandare la memoria: «Il pensiero narrativo è una delle componenti principali del nostro vivere e senza di esso non saremmo in grado di esistere: tutti noi al mattino ci raccontiamo cosa vorremmo o dovremo fare e magari alla sera ricordiamo, raccontandocelo, quello che abbiamo fatto. Tutti noi abbiamo bisogno di raccontare e raccontarci e la letteratura rappresenta la massima espressione sistematizzata di questo pensiero, cioè la rappresentazione, come dice Jerome Bruner, di infiniti mondi possibili», sostiene Fabiano.
Proprio su questo bisogno umano di raccontare e raccontarci si fonda “La follia del poeta”, dove l’ascolto reciproco diventa il perno su cui far ruotare le emozioni.
Nel 2019 esce la raccolta Una Madonna che mai appare, all’interno del XIV Quaderno italiano di poesia contemporanea (Marcos y Marcos). Nello stesso anno viene pubblicato Io sono la bestia (NN Editore), il suo primo romanzo, vincitore del Premio Letteraria, del Premio POP e del Premio Megamark, nel 2020 tradotto in Francia.
Donaera si è laureato in Scienze della Comunicazione presso l’Università del Salento (dove è stato segretario del Centro di ricerca PENS: Poesia Contemporanea e Nuove Scritture) e in Italianistica presso l’Università di Bologna (dove ha fatto parte del Consiglio direttivo del Centro di poesia contemporanea).
Fino al 2020 ha diretto la collana di poesia “Billie” della casa editrice ‘Round Midnight, mentre attualmente lavora per alcune case editrici. Dal 2016 è il direttore artistico di “Poié”, Festival letterario di Gallipoli. Dal 2020 cura il podcast “(n)Trame”, incentrato sugli scrittori di narrativa esordienti.
Dal 2021 collabora con il quotidiano Domani.